| 

Il genere influisce meno di quello che crediamo nelle negoziazioni

Non so come accoglierai questa affermazione, ma dopo anni in cui abbiamo sentito dire che le donne sono meno propense alla negoziazione degli uomini, sicuramente i nuovi studi che mettono in luce come la differenza di genere pesi molto meno nella capacità negoziale, sono un bel punto di ri-partenza.

Secondo uno studio di qualche anno fa* le donne sembrano essere meno propense a iniziare una negoziazione soprattutto quando temono che questo possa comportare una qualsiasi forma di contraccolpo rispetto alla loro immagine nel contesto sociale.
In altre parole, la credenza che le donne siano meno inclini alla negoziazione ha portato a giudicare in modo non sempre positivo le donne che, invece, non hanno riluttanza a sedersi a un tavolo negoziale.
Lo stereotipo secondo il quale gli uomini sono negoziatori più assertivi delle donne ha così finito per alimentare se stesso.

Donne e negoziazione: un superpotere

Uscendo dalla concezione della negoziazione come prova di forza, in cui vince chi riesce a mantenere la propria posizione erodendo il più possibile quella della controparte, ed entrando nell’ottica che negoziare ha l’obiettivo di ottenere il miglior risultato possibile per tutte le persone intorno al tavolo, si arriva alla conclusione che essere in grado di comprendere cosa motivi la persona di fronte a noi a prendere una determinata posizione è la chiave per arrivare alla vittoria, insieme.

Solo soluzioni eque, che tengano conto di tutti gli interessi in gioco possono durare sul lungo periodo e garantire che un rovesciamento dei rapporti di forza non ci riconduca a una situazione in cui ricominciare da capo i negoziati.

In questo ambito le donne si sono dimostrate, generalmente parlando, più capaci degli uomini a utilizzare l’empatia e l’ascolto in negoziazione.

Storicamente, infatti, le donne hanno assunto solo recentemente dei ruoli di potere, dunque la loro posizione nel corso dei secoli ha insegnato loro a esercitare l’arte della persuasione, piuttosto che basarsi sulla forza.

Negoziazione e mantenimento del potere

Come abbiamo visto, dunque, le ricerche hanno mostrato che sia gli uomini che le donne penalizzano le donne che chiedono di più nella negoziazione, come se stessero violando i confini del loro ruolo sociale.

Tuttavia non possiamo non notare che in molte organizzazioni la leadership è appannaggio degli uomini ( Secondo il Global Gender Gap Report 2024 in Italia nel 2024 solo il 24% delle posizioni al vertice in azienda è occupato da donne) sono gli uomini in particolare a trovarsi nella posizione di percepire le richieste delle loro colleghe come una minaccia al loro status all’interno dell’organizzazione.

Infatti, in uno studio del 2024 su genere e leadership** , hanno scoperto che gli uomini tendono a sentirsi ansiosi di fronte a donne impegnate in comportamenti assertivi, come cercare di negoziare un’offerta di lavoro. A causa della loro ansia, gli uomini si sono dimostrati meno propensi a collaborare con le colleghe donne.

Lo stesso studio ha dimostrato che gli uomini che hanno avuto la possibilità di eseguire azioni volte ad autoaffermare il proprio valore e il proprio ruolo prima di valutare una candidata erano più disposti a lavorare con lei rispetto agli uomini a cui non era stata data la stessa opportunità.

Tutto questo dimostra come, ancora oggi, sviluppare la capacità di negoziare all’interno di una organizzazione sia importante tanto per gli uomini che per le donne: non si tratta di una questione di genere, ma di un’abitudine al confronto sano che, se esercitata, porta ad abbattere tutte quelle barriere che portano all’incomunicabilità e, di conseguenza, all’insoddisfazione, alla perdita di produttività e all’uscita dall’azienda.

Negoziare senza minacciare né sentirsi minacciati è ancora, nel 2024, un’abilità che dobbiamo apprendere e che può fare la differenza per chi lavora in azienda e per chi porta avanti un business, a prescindere dal genere in cui si identifica.

*Studio condotto dalla Prof. Hanna Riley Bowles della Harvard Kennedy School, Prof. Linda Babcock della Carnegie Mellon University e Tulane University

**studio condotto  i ricercatori Chiara Trombini della Luiss Business School, Modupe Akinola della Columbia Business School e Hannah Riley Bowles della Harvard Kennedy School

Articoli simili